Riflessioni sul potere educativo degli spazi
Recentemente si parla spesso di ambienti di apprendimento innovativi e, sotto questo cappello, si fanno rientrare le più disparate esperienze.
In un momento cruciale per la storia della scuola italiana come quello in corso, investito com’è dall’ossigeno benevolo dei fondi del PNRR (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza), è fondamentale dedicare del tempo all’esplorazione di buone pratiche ed esempi virtuosi che possano lasciare qualcosa, o anche solo ispirare un pensiero, capace di innescare un cambiamento nei diversi istituti disseminati lungo il nostro Paese.
Tanti ragionamenti si stanno dedicando al concetto di spazio come elemento fondamentale e onnipresente nel processo di apprendimento e in questo momento di riflessione penso possa essere d’aiuto lasciarsi contaminare da tante, diverse suggestioni, arrivando anche a mettere in discussione la rigida e tradizionale concezione di spazio dedicato a studio / lavoro.
Le aule, anche grazie alla spinta propulsiva e riflessiva offerta da Piano Scuola 4.0, diventano uno spazio che finalmente sfugge alla standardizzazione ossessiva e che può essere stravolto, ripensato, in cui possono essere accolte delle provocazioni, e dove persino il movimento si fa più presente ed è incoraggiato, visto come necessario per ricercare degli spazi che favoriscano momenti differenti di didattica, e non più (o non solo) demonizzato come “distraente”.
Un punto di vista
Così ho deciso di “mettere su carta” i miei pensieri relativi a un ambiente che, con una semplicità di pensiero talvolta disarmante, sovverte gli schemi tradizionali e invita a interrogarsi: un’esperienza su cui pondero da tempo e alla quale, mai come ora, torno spesso a pensare. Intendiamoci: quello che vi proporrò non è un modello da seguire, né un progetto che può essere pedissequamente replicato, ma spero, se non altro, di innescare una scintilla. Nelle prossime righe vi racconterò qualcosa sul LEGO Campus, il visionario progetto realizzato a Billund, la città natale dei mattoncini e ancora sede del quartier generale dell’azienda, e disegnato da C.F. Møller Architects, ma ciò non significa che mi aspetti che, di botto, le scuole italiane si trasformino in tanti, piccoli, cloni danesi.
L’intento è differente: trovo che il bello, quando ha un senso ed è pensato, abbia soprattutto lo straordinario potere di metterci in ordine i pensieri. Banalizzando Oscar Wilde, ritengo che, quando ci costringiamo a guardare le stelle, quando la mente è lasciata libera di vagare, di ispirarsi e di sognare sia più capace di concepire progetti elevati, di rendere possibile anche ciò che – a chi è abituato a osservare sempre e solo il fango e a rimuginare solo sui problemi – sfugge.
E quindi ecco un piccolo resoconto della mia visita al campus, condito di un paio di osservazioni spicce e forse fin troppo ingenue. Ma sono le mie e mi fa piacere condividerle così.
Lo faccio perché credo nello scambio: a me ha fatto bene riempirmi gli occhi e le idee di quegli spazi e spero che la mia condivisione possa aiutare qualcun altro ad accendersi. Frequento Billund fin da quando ero una ragazzina, perché l’azienda della mia famiglia, CampuStore, è il partner italiano di LEGO Education da oltre 20 anni: siamo stati i primi a portare le soluzioni LEGO per le scuole in Italia e quest’anno siamo stati premiati proprio da LEGO come miglior azienda per le scuole al mondo (ne abbiamo già parlato QUI). Un bellissimo traguardo, ma non è questo il punto. Il punto è che sono cresciuta circondata dalla disarmante lucidità delle idee di casa LEGO, quindi nulla, oggi, dovrebbe stupirmi.
Invece mi stupisce ancora tutto, quando si tratta di LEGO, e il campus, in particolare, mi ha lasciata a bocca aperta.
Abituiamoci alla meraviglia
Ecco, forse con questo resoconto voglio aiutarvi a capire quanto, dal mio punto di vista, uno spazio non concepito solo come funzionale e razionale, ma anche capace di innescare un po’ di sana meraviglia, predisponga anche ad apprendere, o a lavorare, meglio. Non solo: creare uno spazio sorprendente ci abitua ad aspettarci l’inaspettato, l’inconsueto, l’emozione della svolta imprevista, il divertimento anche in luoghi – come scuole e uffici – in cui spesso queste dimensioni leggere tendono a sfuggire, per lo meno ad alcuni.
Per capire ciò che intendo ci viene in aiuto una piccolissima digressione, che penso possa aiutarci ad entrare nello spirito giusto, a spingerci cioè a leggere le prossime righe come una sfida a “ricercare l’effetto meraviglia”: CLICCA QUI E GUARDA IL VIDEO
Il video descrive e immortala “Mini Chef”, il modo in cui vengono fatte le ordinazioni nel ristorante annesso alla LEGO House e ci invita a capire quanto anche un gesto quotidiano, come un ordine al ristorante, può diventare sorprendente e divertente: possiamo portare un po’ di questo brio anche nella rivoluzione che stiamo per impartire ai nostri spazi e alle nostre routine?
Un grazie specialissimo ad Alice, intrepida e curiosa esploratrice delle cose diverse dal solito, disseminate nel mondo, per avermi segnalato Mini chef “senza intenzioni concrete” (esiste un modo migliore di guardare alla realtà?).
Spero ora che, raccontandovi il LEGO Campus, sarò in grado di trasmettervi la stessa energia che lei ha lasciato a me.
Trovo che il bello, quando ha un senso ed è pensato, abbia soprattutto lo straordinario potere di metterci in ordine i pensieri. Quando ci costringiamo a guardare le stelle, quando la mente è lasciata libera di vagare, di ispirarsi e di sognare è più capace di concepire progetti elevati, di rendere possibile anche ciò che – a chi è abituato a rimuginare sempre e solo sui problemi – sfugge.
Iniziamo dalle basi: che cos’è il LEGO Campus?
Non è una scuola.
Sembra incredibile, visto che si chiama “campus”, ma del resto neppure CampuStore lo è. Anzi, il fatto che non sia una scuola, ci può portare a cogliere in questa scelta lessicale un valore forse persino più potente di quello che avrebbe se, al suo interno, vi si tenessero esclusivamente delle lezioni. Voglio arrivare con voi a riflettere anche su questo termine, e ci arriveremo, ma ho bisogno di alcune premesse.
Una casa lontana da casa
Il LEGO Campus è un luogo di lavoro innovativo per circa 2.000 dipendenti LEGO, che si estende su uno spazio molto ampio, di oltre 54.000 metri quadrati.
Niels B. Christiansen, CEO di LEGO Group, l’ha definito “una casa lontano da casa per tutti i colleghi del LEGO Group provenienti da tutto il mondo”. Una frase importante, che spiega moltissimo.
Billund è un paesino di 6.000 abitanti (più di un terzo impiegati a tempo pieno per LEGO), circondato da una natura molto bella, ma di fatto accessibile solo nella bella stagione. È una natura straniante e insolita: tutto è piatto, non c’è prospettiva, non si incontra un ostacolo a perdita d’occhio ed è un paesino microscopico, un puntino infinitesimale e pure piuttosto noioso. Nulla accade che non sia LEGO related, non ci sono teatri, non ci sono musei, non ci sono eventi o possibilità di divertirsi. Certo, ci sono Legoland e la LEGO House (parleremo anche di questa, magari, in un altro approfondimento) e sono bellissime e straordinarie se, come me, le visiti una o due volte l’anno. Considerate però che i dipendenti LEGO che lavorano al quartier generale della casa madre – e che provengono da ogni parte del mondo - vivono ogni giorno dell’anno in questo paesino sperduto nel nulla.
Immaginate di essere cresciuti a Hong Kong, New York, Sydney, in una bel paesino nel cuore della foresta nera o di essere abituati ai tramonti del Kenya o a un paesaggio come il nostro che cambia continuamente, si muove con le stagioni, ondeggia tra dolci colline, scogliere a picco sul mare, montagne che si innevano nella stagione più fredda, nella luce apertissima e limpida dei nostri inverni (a Billund no, in inverno è solo freddo e buio).
Immaginate di avere una passione pazzesca per i mattoncini, li amate da sempre, passate una vita in adorazione e alla fine la vita regala la possibilità di lavorarci, per LEGO: è un sogno che si avvera. Molti dei dipendenti di LEGO che conosco hanno una storia di questo tipo: lavorano per LEGO perché amano da sempre i mattoncini e ciò che rappresentano e hanno fatto di tutto per finire a lavorarci. Ecco: avete il lavoro dei vostri sogni. E indovinate un po’? Vi porta a dovervi trasferire a Billund! Certo: avrete sempre il lavoro dei vostri sogni ma vivrete e passerete molto tempo in un posto che non è esattamente entusiasmante. Attenzione: sto ironizzando fin troppo. Ci sono molti posti peggiori, in cui vivere e crescere e stare, ma il punto è che l’azienda ha capito che il luogo in cui ti trovi è fondamentale per essere felice e che essere felice ti aiuta a lavorare meglio.
LEGO si è messa nei panni dei propri dipendenti, stabilendo che il loro benessere era una priorità e si è posta una domanda, laddove altri avrebbero potuto semplicemente accontentarsi di dire “hey, sono LEGO, sono un’azienda fighissima, dovresti essere felice di lavorare per me”. Il progetto nasce da questo e io trovo che sia la premessa a renderlo anzitutto straordinario. È nelle domande che ci poniamo che spesso si rivela la nostra grandezza: le soluzioni arrivano solo se ci siamo messi in discussione, no?
Forse LEGO ha capito, prima di altri, che il mondo sta andando in questa direzione e non nell'impasse del "lavora e soffri" auspicata ancora da alcuni (ma poi: perché?).
Arriviamo quindi al campus.
La centralità dei dipendenti è stata fondamentale anche nell’ideazione del progetto: ciascuno è stato invitato (ed è invitato tutt’ora, perché si può sempre migliorare) a suggerire delle idee e i nomi di tutte le sale meeting e delle varie parti dell’edificio sono stati decisi, uno a uno, dai dipendenti. Un bell'esempio di co-progettazione, no?
LEGO Campus è un complesso di uffici e un parco sostenibile che rappresenta, anche visivamente, i forti valori aziendali e la cultura giocosa del LEGO Group.
Uno spazio che sembra quasi parlare e trasmettere dei messaggi.
L'esterno e il rapporto tra "dentro" e "fuori"
Il volume complessivo è suddiviso in otto lobi, che si sviluppano intorno a un “cuore” centrale, uniti tra loro per creare un unico ambiente di lavoro e gioco continuo, basato sulla cultura innovativa del gruppo LEGO.
L’edificio si affaccia su un parco pubblico che è nato con il campus e che invita a guardarsi intorno, a muoversi e soprattutto ad alzare la testa, ricordandoci di osservare il cielo. Il parco è parte del gioco stesso innescato dal campus e abbatte di fatto l’opposizione tra interno ed esterno. Il verde del parco torna prepotente all’interno degli uffici, grazie alle enormi vetrate che su di esso si affacciano, e ad elementi come la serra sul tetto e il campo da minigolf dell’edificio a rimarcare questa fluidità e questo dialogo continuo.
L’esterno del complesso lascia a bocca aperta e non solo per il grande parco nato insieme all'edificio, quanto per le piccole, significative scelte che colpiscono ad ogni passo.
Tanto per dirne una: prima ancora di arrivare mi ha colpito la segnaletica orizzontale che porta al campus, che sembra invitare a pensare, a interrogarsi, a non dare per scontate neppure le più piccole cose. In Gallery ne ho inserite un paio: Tetris e Perditi (nomi di mia invenzione e per capirci, non leggeteci chissà che).
In "Tetris" le indicazioni tipiche della pista ciclabile – linea tratteggiata e continua – lasciano il posto a una linea che si scompone e si frammenta, che ricorda il tetris - appunto - o un labirinto, un luogo in cui il cammino non è necessariamente lineare, in cui bisogna pensare e superare qualche sfida per andare oltre e proseguire nel proprio percorso.
"Perditi" mi piace vederla così: quando apprendi in fin dei conti parti per un viaggio alla scoperta della realtà, del mondo che ti circonda e di te stesso. E in questo viaggio non sempre la strada da percorrere è una linea retta: goditi le svolte, le anse inattese e gli imprevisti, sono parte di ciò che devi scoprire per arrivare alla meta.
Superate queste inconsuete rappresentazioni l’edificio del campus si staglia maestoso.
La visione spesso si annida anche nei dettagli, e allora ecco qualche mattoncino in muratura che spunta qua e là, nella superfice nordica, distesa e pulita delle pareti esterne, mentre due giganteschi mattoncini LEGO formano spazi di incontro in cima all'edificio. Questo dettaglio merita un approfondimento: perché è una cosa che ho notato e si intravede, si ritrova anche nei primissimi “uffici ufficiali LEGO” (oggi un museo), un piccolo complesso creato negli anni ’50. Anche lì si intravedono i profili dei mattoncini sui muri perimetrali, seppur disegnati in maniera più rudimentale (in gallery ho riportato una foto scattata quest'estate in cui si nota il dettaglio), voluti falla famiglia Kristiansen. L’elemento fondativo che ritorna, quasi a ricordare a tutti, ogni mattina, perché ci si reca in ufficio ogni giorno, a ribadire cosa rende possibile tutto quel giocare continuo, tutto quel fluire di idee.
Ma è soprattutto la minifigure gigantesca all’ingresso degli uffici che lascia a bocca aperta: impossibile non capire dove siamo, impossibile non cedere alla voglia di farsi un selfie. Uno sguardo alla modernissima palestra, sempre in funzione, che si intravede dietro alle vetrate alla destra dell’ingresso ed entriamo nell’edificio.
L’interno e gli uffici
Appena entrati non si riesce a tenere il collo fermo: l’atrio è spettacolare, ariosissimo, ampio e molto alto, con una grande installazione di mattoncini e led wall a tema che pende al centro dello spazio e tanti elementi funzionali - come la cassetta delle lettere - costruiti direttamente con i mattoncini.
Gli uffici, luminosi e flessibili, vi si sviluppano intorno, e le singole parti dell'edificio riprendono gli elementi LEGO, adattandoli a degli spazi reali, da vivere: l'ensemble evita deliberatamente l'uniformità a favore della diversità e dei colpi di scena giocosi, per riflettere la moltitudine di opzioni rappresentate dal gioco LEGO.
Lo spazio riflette anche la filosofia: da oltre cinque anni in tutti gli uffici principali di LEGO si applica l’”activity based working” (in pratica il lavoro non è legato a orari e postazioni fisse, ma al tipo di compito che si deve svolgere). Perciò nel LEGO Campus non esistono uffici singoli, personali e isolati, né postazioni fisse: nessuno ha la propria scrivania e tutti sono invitati ogni mattina a scegliere lo spazio che preferiscono, per svolgere il proprio lavoro. Questo assetto è stato studiato per aumentare l’interazione continua e la condivisione di idee e conoscenze.
Lo spazio però è creativo ma razionalizzato: organizzato, rigoroso, ogni ambiente ha una funzione, senza ridondanze caotiche. Ad esempio, anche se non ci sono postazioni fisse, ogni dipendente non è esattamente libero di vagare, ma è associato a un quartiere: ogni quartiere è “affidato” a uno specifico gruppo di dipendenti, sempre quello, e il gruppo designato può decidere come sistemarlo, decorarlo e personalizzarlo, in modo collaborativo.
Se un dipendente ha bisogno di privacy per una call o per una riunione ci sono diverse sale meeting disseminate nell’edificio (e per diverse intendo proprio che differiscono molto l’una dall’altra): in tutte, oltre a coloratissimi arredi, anche inconsueti (avete mai visto una sala riunioni in cui ci si può sedere a terra intorno a “un falò” di mattoncini su grandi e morbidissimi cuscinoni?) e tutti pensati per offrire spunti per essere creativi.
Le sale meeting sono sempre arricchite di ampie raccolte di mattoncini sfusi, con cui è possibile giocare durante gli incontri (e chi si annoia facilmente come la sottoscritta sa quanto può essere salvifico, questo espediente).
C’è anche una sorta di “codifica a colori” che indica l’uso delle varie stanze: le aree dove si può interagire e far rumore sono contraddistinte da colori molto vivaci e accesi, mentre nelle aree in cui è necessario fare silenzio i colori sono molto più tenui.
People House
L’effetto “wow” però è garantito soprattutto dalla “People House”, il "cuore" dell'edificio, che non è solo un luogo, ma l’espressione diretta di un modo di lavorare, straordinariamente aperto allo sviluppo personale di ogni individuo, che ci aiuta anche a capire perché, questo moderno complesso di uffici, prende il nome di “Campus”.
La People House è uno spazio informale, che può essere vissuto dai dipendenti LEGO in ogni momento della giornata: come scritto in precedenza, da anni in LEGO non ci sono orari imposti o momenti in cui si “deve” lavorare. Di conseguenza anche gli spazi di socialità possono essere vissuti in momenti inconsueti, a metà mattina ad esempio. All’interno di una finestra di tempo piuttosto ampia ciascun dipendente può scegliere quando essere “alla scrivania” e lavorare sui propri progetti e quando invece potenziare le proprie attitudini grazie alle proposte del campus.
Si tratta, di fatto, di un centro culturale situato significativamente nel mezzo degli spazi riservati agli uffici. Non è concepito come un luogo di lavoro, ma un luogo destinato all’apprendimento continuo in cui, tra le altre cose, si lavora.
La "People House" si trova al piano terra e comprende spazi condivisi e diversificati, che ospitano molte attività differenti. Ci sono spazi informali per rilassarsi con i colleghi tra arcade vintage, tavoli da biliardo, un caminetto - realizzato tutto in mattoncini – una caffetteria che organizza eventi per “staccare la spina nel mezzo della giornata”, un cinema, e persino un piccolo palazzetto dello sport al coperto. C’è una sala che ospita tanti eventi per dipendenti e familiari, un laboratorio creativo e maker space, una cucina: vengono proposte tante attività lavorative e ludiche a supporto della creatività e dell'innovazione, classi di cucina, una palestra ultra moderna sempre aperta e accessibile, stampa 3D, pittura, classi di sartoria e tanto, tanto di più. Le attività tra l'altro sono occasioni per vedere e usare con mano i set aziendali (e capire quindi il punto di vista dei propri clienti) ma anche per utilizzare tanti altri strumenti diversi nelle mani dei ragazzi di oggi per capire e lasciarsi ispirare "hands-on" anche da ambiti molto diversi dalla pura costruzione.
Attenzione alla sostenibilità
Innovazione e modernità non significa spreco, anzi.
Il campus, in linea con la svolta green voluta da LEGO negli ultimi anni, è stato progettato all’insegna della sostenibilità. Gli uffici sono stati costruiti con materiali di altissima qualità, a basso consumo energetico, ed è alimentato da pannelli solari. Anche le tecniche adottate per la sua costruzione – che per questo motivo è stata piuttosto lunga – sono state scelte e volute per risparmiare migliaia di chili di CO2 e per riciclare e dare nuova vita alla maggior parte degli scarti.
Tutti i mobili da esterno, nel campus, sono stati realizzati con mattoncini LEGO di scarto e i rifiuti all’interno degli uffici vanno suddivisi in dieci differenti categorie, per avere un grado di efficienza maggiore nella loro gestione. Inoltre, sono state collocate piante sulle superfici del tetto, che raccolgono l’acqua piovana, che poi viene utilizzata per irrigare gli spazi verdi circostanti.
La facciata è progettata sia per massimizzare la luce diurna e dar respiro agli interni, sia per ridurre al minimo i requisiti di riscaldamento.
Perché questa riflessione
Credo di avere la fortuna di vivere in un momento rivoluzionario per la scuola italiana. E allora non mi va di accontentarmi e riproporvi sempre il solito pattern e il solito kit di monitor + computer + carrello di ricarica. Solo perché questo è il momento, solo perché il PNRR sembra portarci lì. Ci sarà spazio anche per quello, ma non ora. Credo che questo sia l'istante esatto per fermarsi e farsi crescere le ali: di creare delle aspettative nella comunità educante e buone pratiche e temi per confrontarsi e lasciarsi un pochino scompigliare i pensieri. E trovare altri come noi, sinceramente interessati a vedere oltre, e a cambiare un pochino le cose.
Se volete continuare ad approfondire vi segnalo un gruppo facebook dedicato al Piano Scuola 4.0, in cui ogni giorno si fa proprio questo, potete iscrivervi liberamente QUI.